Relazione de' felici successi della santa fede predicata da' padri della Compagnia di Giesù nel regno di Tunchino, alla santità di N.S.PP. Innocenzio Decimo. Di Alessandro de Rhodes auignonese della medesima Compagnia, e missionario apostolico della sacra Congregazione de propaganda fide

Nella Terra di S. Gioseppe molti si convertono [pp. 134-137]

Capo V

[p. 134] Fra tanto, mentre il re del Tunchino si faceva consapevole della nostra venuta, & arrivo, scorsero ben quindici giorni ne quali ci fermammo nella Terra, o porto di S. Guiseppe, né in quel tempo stemmo in otio, ogni dì veniva gente non solamente da luoghi vicini, ma ancora da’ lontani, alle quali Dio haveva toccato il cuore.

Il Maestro di scuola della Terra di S. Giuseppe fu de primi con tutta la sua famiglia a ricever la fede, e di Maestro di errori, divenne discepolo di verità, lo chiamammo nel battesimo Pietro, e li demmo in iscritto certe orationi da recitarsi ogni dì, perché egli l’imparasse & l’insegnasse ad altri almeno li giorni della Domenica, e per aiuto di questo essercitio di pietà l’assegnammo il figliuolo nominato Paolo, giovane molto [p. 135] spiritoso, e diligente, e nella dottrina cinese assai erudito.

Da paese più lontano, cioè dall’altra parte del fiume, venne da me un fattucchiaro, il quale in casa sua haveva eretto venticinque altarucci per adorarvi il Demonio, & era da’ Demoni gravemente afflitto, & cercava del modo da liberarsi di quella servitù: harebbe voluto buttar a terra quegli altari superstitiosi, ma temeva delle bastonate del Diavolo, li feci animo, & che confidasse in Giesù Christo Salvatore, e l’armai co’l salvevole legno della Santa Croce, e giudicai bene di differire il battesimo fino a tanto che havesse gettato a terra tutti gli altari. Lo fece, e santificata la casa tutta con l’acqua benedetta, rimase libero dall’infestatione de’ Demoni, e fu battezzato.

Un altro nello stesso Castello assai dedito al culto dell’Idoli, avvistosi della loro vanità, e d’infinite bugie, non solamente lasciò l’idolatria, ma nel suo paese fu da noi costituito, come maestro di tutti i Neofiti, acciò in casa sua convenissero tutti li Christiani ogni domenica per farvi insieme oratione a Dio più accetta, e più grata.

Eramo su la settimana santa, mentre stavamo aspettando la risposta del re, e giudicò il P. Pietro Marchesco co’l Governatore della nave, e tutti gli altri Portoghesi, che fusse dovere, e molto a proposito il rizzare il Sacrosanto legno della Croce sopra un altro monte vicino, il quale scuopriva tutto il mare, e per [p. 136] fare qualche memoria in quei giorni della passione santissima di Christo, e per dar esempio a’ Neofiti della maniera, con la quale si deve venerare la Santa Croce, particolarmente in quel tempo, nel quale tutti i Christiani si ricordano della Passione del Signore, e finalmente, perché con la sua Croce santa Giesù Christo scacciasse il Demonio da quel suo trono, e liberasse li Tunchineschi dalla tirannica servitù di Satanasso. Quivi era un Tempio dedicato a quell’infame donna, che dicemmo di sopra esser stata gittata in mare da’ Cinesi, e già che non potevamo buttar a terra quel tempio, co’l piantarvi in luogo più rilevato sopra la Santissima Croca, pensammo di scacciare quindi il Demonio. Tagliato per tanto dalle vicine selve un grand’albero, e formatene una croce nel giorno del Venerdì Santo, la portammo tutti divotamente su le spalle nel più alto luogo di quel monte, e quivi la drizzammo, come legno di vittoria contro tutte le potenze infernali, come trofeo di nostra salute, e fatte tutte le cerimonie dovute nel benedirla, l’adorammo tutti li Christiani insieme nuovi & vecchi, e Neofiti. La vidde doppo il Re di Tunchino, mentre passava per quel mare, navigando verso la Cocincina, e con qualche maraviglia disse: Questo è il legno che li Portoghesi hanno piantato nel nostro porto. Eravi presente un amico de’ Christiani, e ripigliò subito: Sì Signore, quello è un tal segno de’ Portoghesi, che [p. 137] che volentieri capitano là, dove lo vedono. Si rallegrò il re, perché era molto desideroso che le navi de’ Portoghesi capitassero al suo Regno del Tunchino.

Si convertono molti Gentili delle Terre vicine [pp. 146-148]

Capo LX

Restava in tanto, e si divolgava da per tutto la fama della Christiana Fede, in maniera che da’ luoghi vicini, molti giornalmente venivano a riceverla. Un Governatore principale di Provincia in una festa solenne, che faceva, ci chiamò in una numerosissima udienza, si discorse alla distesa delle cose appartenenti alla fede, & ancorché il Governatore, come molto ricco, e commodo non pensasse ad entrare nell’angusta via della salute, accettando la Fede, fu però cagione, che molti la ricevessero.

Tra gli altri molti vi fu un insigne Say, o Sacerdote, che haveva cura di quel Tempio accennato di sopra, eretto su la cima di quel monte alla riva di quel fiume di An vuc, che s’ergeva a guisa di Piramide. Questo presso al Re, & a tutti i Tunchinesi, era in tal pregio, e stima, che partendo per la Cocincina il Re, volle raccomandarsi alle di lui orationi. Hor questo subito, che apprese li misteri della Fede rigettando da sé, e l’infame altare degl’Idoli, e tutti li stromenti di superstitione, si battezzò, e chiamossi Giovanni, alla moglie s’impose il nome d’Anna, e con li capi si convertì tutta la famiglia, e poi a poco a poco molti di quella terra An vuc, accompagnando [p. 147] Giovanni nella via della verità tutti quelli a quali egli era stato Duce, e maestro di mille falsità, e la casa sua divenne, come un Tempio di Dio, amandoci tanto svisceratamente, che non sapeva lasciarci mai, e non trascurava occasione di aiutare l’anime, che haveva disaviato, e questa lode si deve ancora ad Anna moglie, la quale non solamente ammaestrava la sua famiglia co’l suo esempio, e parole, ma ancora alle sue parenti, & amiche dava istrutioni della Fede, tanto mentre visse il marito, quanto doppo che egli fu morto.

In un’altra Terra, che è dall’altra parte del fiume, chiamata Va nò, una buona vecchia per prima superstitiosissima, subito che ricevette la fede, si battezzò; divenne così fervente, che stimolava tutti ad abbracciare la Fede, non solamente con le parole, ma molto più con l’opere di carità, alle quali la divota Lina, così chiamavasi, era molto dedita. Solamente una cosa pungeva acerbamente il cuore, & era, che per trovarsi inpaniato in amori indegni il marito, si rendeva incapace del Battesimo. Piangeva ella, e con frequenti preghiere importunava Dio, perché lo facesse ravvedere, e con la costanza l’ottenne, perciocché non molto doppo licentiatosi dalla prattica che teneva, ritenuti i figliuoli che ne haveva havuti, presso di sé, con loro battezzato, e chiamato Giuseppe rallegrò la sua Lina, la quale avanzandosi nell’opere di pietà, in breve [p. 148] fece diventare la sua casa oratorio de’ Christiani, & ella, & il marito Giuseppe furono buona cagione, che vicino alla Chiesa detta di sopra si fabricasse da’ Neofiti uno spedale per i poveri Christiani.

Non molto lontano dalla nostra chiesa vivevano alcuni Gentili infetti di lepra: fu da loro detto non so che della nostra fede, vennero di buon cuore ad esserne informati, & si battezzarono con speranza di più felice vita nell’eternità, già che vivevano vita così miserabile nel mondo. Tra questi v’era un tal Simone huomo di lettere, e perciò a lui si diedero alcune orationi in iscritto, e li dieci comandamenti, acciò imparasse, & l’insegnasse ad altri, il che egli faceva con molta esattezza, perché non potendo convenire con gli altri in Chiesa per il pericolo del morbo contagioso, tutti insieme avanti un’imagine che li havemo donato, recitassero particolarmente ne’ giorni di Domenica quelle orationi.

[p. 150] Era quivi vicina una piazza molto frequentata dal popolo, per la quale noi spesso havevamo a passare: presa per tanto l’occasione di quella moltitudine radunata; predicammo della vita eterna, e dell’eternità del premio, e della pena, che si riservava a meriti, o demeriti di ciascuno con speranza, che le parole [p. 151] nostre non si dovessero spargere al vento. Tra gli altri uditori v’era un giovane savio, e molto bene istrutto della dottrina Cinese, il quale poco doppo la predica publica venne a trovarci a casa per udire il rimanente della nostra dottrina, & ancorché fusse addettissimo all’idolatria, abbandonatala, abbracciò la Fede, anzi harebbe volsuto restare con esso noi, & aiutarci a predicare, ma perché già si trovava ammogliato non potè farsi religioso, ci aiutava però sempre in tutto quello che poteva, come un altro per nome Simone ancora ammogliato, il quale non si sapeva staccare da noi per tornarsene a casa, havendo già convertita la moglie, e tutta la sua famiglia. Un altro di età più grave, battezzato per nome Pietro del Castello Daian, non solamente mostrava il suo zelo in casa, ma ancora co’ paesani, e vedendo che una donna molto principale era maltrattata dal Demonio l’esortò a farsi Christiana per liberarsene: ubbidì ella, & abbracciata la fede e battezzata, rimase libera del tormento del corpo e della schiavitù dell’anima, anzi fece battezzare tutta la sua famiglia, e chiamatoci in casa volle, che con l’acqua benedetta, e con l’imagine della Madonna, facessimo un esorcismo a tuta la casa, perché non vi fusse più parte alcuna soggetta al Demonio.

[P. 150] Era quivi vicina una piazza molto frequentata dal popolo, per la quale noi spesso havevamo a passare: presa per tanto l’occasione di quella moltitudine radunata; predicammo della vita eterna, e dell’eternità del premio, e della pena, che si riservava a meriti, o demeriti di ciascuno con speranza, che le parole [p. 151] nostre non si dovessero spargere al vento. Tra gli altri uditori v’era un giovane savio, e molto bene istrutto della dottrina Cinese, il quale poco doppo la predica publica venne a trovarci a casa per udire il rimanente della nostra dottrina, & ancorché fusse addettissimo all’idolatria, abbandonatala, abbracciò la Fede, anzi harebbe volsuto restare con esso noi, & aiutarci a predicare, ma perché già si trovava ammogliato non potè farsi religioso, ci aiutava però sempre in tutto quello che poteva, come un altro per nome Simone ancora ammogliato, il quale non si sapeva staccare da noi per tornarsene a casa, havendo già convertita la moglie, e tutta la sua famiglia. Un altro di età più grave, battezzato per nome Pietro del Castello Daian, non solamente mostrava il suo zelo in casa, ma ancora co’ paesani, e vedendo che una donna molto principale era maltrattata dal Demonio l’esortò a farsi Christiana per liberarsene: ubbidì ella, & abbracciata la fede e battezzata, rimase libera del tormento del corpo e della schiavitù dell’anima, anzi fece battezzare tutta la sua famiglia, e chiamatoci in casa volle, che con l’acqua benedetta, e con l’imagine della Madonna, facessimo un esorcismo a tuta la casa, perché non vi fusse più parte alcuna soggetta al Demonio.

[p. 162] Non havendo noi in Corte Christiano alcuno, un certo gentile assai nobile, per nome Mautai ci offerse la sua casa per habitarvi, e per esercitarvi li nostri ministeri, fin’a tanto, che il Re ci havesse proveduti. Egli preparava l’altare per la messa, interveniva spesso alla Dottrina Christiana, & alla predica, e si contentò, che si battezzasse la moglie, i figliuoli, e tutta la sua servitù. Ma egli per una certa prattica che haveva, dalla quale non ardiva di staccarsi per all’hora, si rendeva inabile al battesimo; diceva però che non voleva morire senza battesimo, ma che aspettava d’essere più vecchio per spicciarsi da cenrti galappi. Si pose a un gran rischio, essendo stato a molti il procrastinare cagione della rovina eterna. Piacque però al Signore usare misericordia con quest’huomo, o per l’orationi continue della moglie, e figliuoli, o per rimunerare la carità, che haveva fatto in raccorci tanto cortesemente, e come Rahab già fu annoverata tra gli altri del popolo di Dio [p. 163]. Passati dieci anni, infermo gravemente, la moglie Agata divota Christiana, subito ci chiamò per sovvenirlo nell’estremo pericolo. Ricordevoli dell’antico benefattore, andammo subito, e trovatolo dispostissimo al battesimo, perché già haveva cacciato di casa la prattica, dolendosi de’ peccati della vita passata, e particolarmente dell’ostinatione professata nel male, doppo che haveva conosciuto la via della salute, divotamente ricevè il Santo Battesimo, fu chiamato Giovanni, e poco doppo se ne morì, per vivere, come è da sperarsi, eternamente.

Subito che si sparse per la città la fama del nostro arrivo, tanta gente, e di tante sorti venne a trovarci, che non era possibile dare a tutti sodisfatione. Tra i primi che ricevessero il Santo Battesimo, fu la sorella del Re del Tunchino, la quale perché haveva cognitione de’ caratteri Cinesi, e si dilettava di poesia assai, l’imposimo il nome di Catarina, a cui essendo simile nella nobiltà de’ natali, fusse ancora simile nella virtù. Convertì ella la sua madre alla fede, la quale intendeva ancora le lettere cinesi, & era stata particolarmente doppo la morte di Civa Banc, tanto dedita al culto degli idoli, che l’istessi Say la chiamavano la maestra: ma questa divenne così ascoltatrice buona della verità, che ne convertì molti, e particolarmente giovanette insegnava con gran zelo le cose della Fede. La Principessa Catarina [p. 164] poi come intendente della poesia, pose in versi tutta l’historia della Dottrina Christiana, cominciando dalla creatione del mondo, fin’all’incarnatione, Vita, Passione, Resurretione, & Ascensione al Cielo del Redentor nostro Christo Giesù, & al fine, v’aggiunse il nostro arrivo al Tunchino, e la promulgatione dell’Evangelio, e lo fece elegantemente. Questi versi poi in casa, in campagna, per le strade, nelle navi si cantavano da tutti i Neofiti, e particolarmente da quelli che sapevano di musica, e ne gustavano non solamente i Christiani, ma ancora li Gentili, de’ quali molti per questo mezzo si convertivano.

Si converte un Say con molti altri alla nostra Fede (pp. 164-167)

Capo XV

[p. 164] Habbiamo trovato nel Tunchino l’Idolatri molto atti a ricevere, e mantenere costantemente la Fede, particolarmente li plebei ci hanno aiutato grandemente per propagarla.

Tra questi fu insigne un Say, il quale habitava nel Castello di Cuxa una, o due giornate lontano dalla Città. A questo haveva dato la cura del Tempio una concubina del Re, padrona di quel Castello, la quale l’havea fabbricato senza mettervi idoli, ma solo con ergervi un tabernacolo molto bello, e vago per le pitture, e ricco d’oro, perché doppo la morte quivi andasse a stare il suo spirito, e fusse adorato come cosa divina. Pazzia di donna ignorante. Subito che quel Say udì ragionare della fede di Christo, se ne invogliò, senza punto curarsi delli sdegni che poteva temere della donna, si battezzò con la sua moglie, e lasciato il Tempio, si ritirò a casa sua A lui si pose nome Antonio, & alla moglie Paola: e non andò molto, che la sua casa divenne Chiesa, & egli convertì molti de’ paesani, tanto che il tempio fu abbandonato, e non si trovava chi ne volesse haver cura. Lo seppe la donna appassionata, e se ne risentì in maniera, che ordinò al fratello, che ella haveva fatto governatore di quel luogo, che di nuovo desse la cura del Tempio ad Antonio, e se l’havesse ricusata, legato lo facesse frustare in publica piazza. L’empio fratello eseguì appunto l’ordine della scelerata sorella, e ricusando Antonio la carica, nudo fece legarlo, e frustare nella piazza. Eccovi un Erode, & un’Erodiade, che perseguitavano la Fede di Christo in fascie; ma Antonio sostenendo fortemente l’opprobriosa pena, seguitò ad animare i neofiti, a conservare intatta la fede, né per le frustate lasciò di mostrarsi meno ardente nell’uffiti di pietà, invitando altri al battesimo, come la divota Paola istruiva le donne. [P. 166] Essendo stata informata la donna empia di quello che passava, non potendo torre la vita ad Antonio, per esser huomo di conosciuta bontà, senza temere della propria, li diede l’esilio, e lo necessitò a lasciare la casa, e le possessioni; ma quello non atterrì l’animo invitto d’Antonio; li dava noia maggiore il lasciare i suoi neofiti non ancora tanto bene confermati nella Fede, pure esortatili alla perseveranza, e licentiatosi da loro, se ne partì con la sua moglie Paola, la quale non si mostrò meno generosa del marito per la fede: li Neofiti che erano di più di cento in quel castello, sentirono gravemente l’essere privi lo stesso giorno, e del padre, e della madre, si consolarono però per essere andati poco lontano in un Castello appartenente a un altro padrone, dove si sarebbono potuti facilmente rivede, e consolarsi. Questo esilio fu ordinato da una particolare providenza divina, perciocché, sì come nella sua patria, con l’aiuto dello Spirito Santo, haveva quasi desolato il tempio, & arricchito la Chiesa, così in quel Castello del suo esilio, cominciò a predicare l’Evangelio, e con molto guadagno, a pena veniva alla città solo, sempre tornando da noi, conduceva seco una buona compagnia di venti, o trenta catecumeni, & una volta ne contai ottanta, e quel che è più, tra questi molti erano assai ben eruditi nelle lettere cinesi, essendo per altro Antonio assai digiuno, [p. 167] e pure tra Tunchinesi, e Cinesi, chi arriva a sapere qualche cosa di que’ caratteri, suole fare pochissimo conto degli idioti: la forza però dello spirito di Dio, che era in Antonio, formava così bene li periodi, che era venerabile ancora a quei savi. Era di più di tanta efficacia appresso i Neofiti, che se ne havesse ritrovato alcuno intiepidito con l’esempio, e con le parole l’infiammava tanto, che lo faceva infervorire. V’era uno tra gli altri, che per alcune domeniche haveva mancato ritrovarsi alle radunate solite de’ Christiani, e senza scusa valevole, l’andò a trovare Antonio, a poco a poco lo dispose a detestare la tiepidezza passata, e si servì dell’esempio di Longino, il quale con la lancia trapassando il costato al Redentore. Illuminato, subito che chiese perdono l’ottenne: così tu, li disse, se scossa la sonnolenza passata ti applicarai con fervore all’esercitij della Christiana religione, senza difficoltà alcuna sarai ammesso dal benignissimo Dio tra i figliuoli, e sarai ancora aggratiato con particolari favori. Ritornò in sé all’infervorare parole d’Antonio il Neofito, né credo, che havesse appreso da altri l’esempio, che apportò di Longino, che dallo Spirito Santo.

Molti idolatri si battezzano

Capo XVI

È nella città Reale un certo Ponte Caugeien, d’onde prende il nome una contrada, dove erano molti huomini, e donne idolatre, che unite insieme d’accordo procuravano alcune buone opere, com’era rifare ponti, fabbricare case per alloggio di pellegrini, e sicome gli huomini religiosi si chiamavano Say, così le donne più pie si chiamavano Vai; hora posto insieme, l’uno & l’altro nome, Say Vai, era il nome di quella Congregatione di huomini, e donne unite a simili opere buone, questo nome ancora di Say Vai si dona a certi che si dedicano in tutto, & per tutto al culto degli idoli, & a quelli che sono più provetti, & inchinati a fare simili buone opere.

Era dunque una gran quantità di questi Say Vai nel paese di Caugien, che era lontano dalla nostra stanza da due miglia, il tempo era piovoso, e le strade assai fangose. Udirono quei Say Vai della nostra venuta alla Città, & in buon numero cominciarono a venire ad udire la dottrina, né li tratteneva, o la pioggia, o la lontananza dal venire a quell’hore prescritte, ancorché tra loro fussero molti vecchi a poco tutti buona voglia, e con grand’affetto chiesero il Santo Battesimo [p. 169]. E questi poi aiutarono assai l’interessi della Christianità, perché furono cagione che si facesse il primo Spedale in quella contrada nel Regno del Tunchino. Non solamente gl’idolatri, ma ancora i letterati venivano a trovarci nel nostro hospitio per ricevee ammaestramenti. Vi fu tra gli altri un tale Ounghe (così chiamandosi quelli letterati che o di presente, o prima, hanno havuto uffitio publico) vecchio di settanta anni, il quale con la sua moglie ancora vecchia dimandò il battesimo, e si rallegravano poi della ricevuta gratia in quella età, e fecero convertire tutta la loro famiglia, che stava in Provincie molto distanti dalla Città Reale. Un altro molto dotto giovane battezzato chiamato Giovanni, cominciò ad insegnare ad altri li misteri della Fede, e la scontrò meglio con la madre, che co’l padre, il quale non volendone saper per sé, si contentò che il figliuolo, la moglie, e’ suoi di casa ricevessero la Fede: non mancarono degli altri, e Say, e letterati, che curiosi venivano ad udirci, non però a tutti s’appiccava la buona semenza, anzi molti contradicevano, perciocché anco de’ molti chiamati poco sono gli eletti.

Della maniera tenuta da noi nel Catechizare gl’idolatri

Capo XVIII

Ancorché molti de nostri Padri in altri Regni habbiano stimato più a proposito il cominciare del Catechizzare, mostrando le sette false, e gli errori de’ Gentili, prima di insegnare cosa alcuna della Christiana Fede, giusta quel del Profeta, posui te ut destruas & evellas & disperdas & dissipes & aedifices & plantes. E circa il misterio della trinità, pensarono diversi solo spiegare a Catecumeni quando fussero per battezzarsi, perché non si dasse loro occasione di dubitare di quel misterio incomprensibile. A me la sperienza ha fatto apprendere per migliore la via di mezzo, cioè non dare subito addosso agli errori, & falsità delle sette, ma dichiarare qualche cosa di Dio Creatore, del mondo, della stessa creatione, e cose simili, percioché stabilito quello, che l’istesso lume naturale insegna, cioè che si trova questo Creatore, e Signore del Cielo, e della Terra, il quale ha creato l’huomo capace di ragione, acciò lo serva, & aggiuntevi similitudini fra ‘l re Terreno, e ‘l Celeste, si fanno capaci li Gentili di Dio, e trovano qualche cosa di certo dove fermarsi, ma se senza havere stradato la fede, si dà addosso a gli idoli, a quali sono, benché pazzamente, affetti, la sentono male, e disgustati si slontanano, e non tornano alle prediche. Questo pericolo si schiva, se si dichiarano le cose appartenenti a Dio autore della natura, al quale comincino li Gentili ad accostarsi con un certo affetto naturale. E doppo che si sia trattato del diluvio, e della confusione delle lingue, all’hora è più facile battere l’idolatria, non essendo se non a quel tempo comparsa nel mondo. Prima però di spiegare li principali misteri della fede, cioè della Santissima Trinità, Incarnatione, e Passione di Christo redentore, è bene sradicare dal cuore dell’uditori l’idolatria, perché il seme della divina parola faccia il desiderato frutto.

L’aspettare il giorno sesto del battesimo per proporre a’ Catecumeni il mistero della Santissima Trinità, non pare al caso, anzi devesi prima proporre, che il misterio dell’Incarnatione, parendo così più ragionevole; e questo fu il modo tenuto da’ Santi Apostoli, nel proporre il Simbolo a’ fedeli, percioché in quei tre primi articoli, si fa mentione delle [p. 175] tre persone della Santissima Trinità, prima che si accenni nato di Maria Vergine Giesù Christo figliuolo di Dio, né in tant’anni mai ho trovato, che alcuno si sia distolto dalla fede per l’incomprensibilità del misterio della Santissima Trinità, anzi riesce più difficile il persuadere a’ Gentili, che Dio habbia preso carne humana, che, che sia Trino nelle persone. Né essi ammirano che Dio, il quale quasi co’l lume naturale si conosce incomprensibile, non possa da noi quanto al suo naturale, e proprietà spiegarsi più chiaramente: ma che quello, che è immenso, eterno, incomprensibile, & immortale Iddio si sia fatto huomo passibile, nato e soggetto al tempo & alle nostre miserie: questo è quello che più stupiscono, e li sembra difficile a persuadere.

Per tanto diversamente a’ Catecumeni si deve proporre la Passione di Christo, da quello che si propone a’ Christiani. Tre cose che si devano osservare per proporle a’ Catecumeni con frutto. Prima si devono spiegare bene tutti li miracoli occorsi nella Passione di Christo, perché apprendano non esser morto per forza altrui, ma per proprio volere e per sodisfare per i nostri peccati, essendo egli innocente. Secondo doppo l’esplicatione chiara, e divota della morte di Christo, pare ben fatto proporre ad adorare a’ Catecumeni con la maggior pompa che si può di candele accese, l’imagine del Crocifisso. Terzo finalmente, che immediatamente [p. 176] doppo si proponga il misterio della Resurrettione di Christo, perché così facciano miglior concetto, Christo esser morto di proprio volere, e che non v’era creatura, che potesse farli violenza, e che sì come co’l resuscitare trionfò la morte, molto più facilmente harebbe potuto sottrarsi a’ nemici, e crocifissori, se havesse voluto, le quali cose spesso devono replicarsi a’ Catecumeni, perché s’affettionino più a Christo Signor nostro, perché la sperienza ha mostrato che quanto più li Catecumeni s’affettionano alla memoria della Passione di Christo, tanto migliori, e più serventi Christiani riescono.

Alcune conversioni più notabili [pp. 261-265]

Capo XLII

[p. 261] Fu tra l’altre memorabile la conversione di un tal fattucchiaro, e stregone famoso, il quale essendo per prima avvertisissimo della fede, e legge di Christo, udendo le maraviglie, che ogni dì per mezzo de’ Christiani operava il Signore, determinò ancor’egli di udire la parola di Dio, e perché haveva appresso di sé il Catechismo, volle provarsi a rivoltare quelle carte, e vedere cosa vi fusse: ma subito che prese il libro per leggere: cosa di stupore, li si enfiarono gli occhi, e con dolore tanto eccessivo, che non puotè leggere parola, mercè che il padrone di casa faceva ogni sforzo, perché non si desse libera l’entrata, per mezzo della sacra lettione alla bella luce della verità, nè contento di questo cominciò il nemico a tormentarlo in tutto il corpo, e questo faceva per atterrirlo nel principio della conversione. Non si smarrì quel miserabile, ma reputando quella pena [p. 262] condegno castigo alla sua ingratitudine, con la quale s’era opposto alla verità della Christiana fede, fatti chiamare li Christiani li prega che voglino dal loro Iddio impetrarli il perdono delle sue colpe. Accorsero li Christiani: fecero ferventi orationi, e comandarono al Demonio, che uscisse da quel corpo. Ubbidì subito l’empio, & iniquo possessore, ma andò ad affliggere la moglie, che era ancor’essa maga, e strega, & adorava il demonio in una camera vicina. V’andarono li Christiani, e buttati giù per terra, e rotti tutti gli stromenti dell’empio ministerio, comandarono di nuovo al demonio, che ancora da lei partisse. Non risolvevano però di battezzasi, & e il dolore de gli occhi non lasciava di tormentare il Catecumeno. Finalmente una notte dormendo fu da una signora maestosa, che li comparve avvisato, che ricevesse con la fede il battesimo, se voleva rimandere libero da quei dolori, che lo facevano penare. Ubbidì, e catechizzato anco con maggior accuratezza, restò & nell’interno illuminato, e de gli occhi affatto guarito, e rendendo gratie a Dio per il raddoppiato favore, che haveva ricevuto per l’innanzi con i suoi esempi, e con le sue parole, procurava di rendere a Christo quelle anime, che li haveva tolte.

La conversione ancora di un Capitano principale del Re, consolò assai l’arrivo de’ Padri, perciòché [p. 263] che ancorché esso havesse udito l’esplicatione de’ ministeri della nostra Santa Fede, e dato licenza alla moglie, & alla figliuola, che s’era maritata co’l fratello minore del Re, di farsi Christiane a loro gusto, e di osservare la legge di Christo. Egli nulladimeno schiavo incatenato della propria carne, non volendo licentiare l’amiche, non si risolveva ad abbracciare la fede co’l battesimo; ma il benignissimo Signore per salvare quell’anima, con un grande male ridusse quasi a disperata sanità quel corpo. La moglie savia, e bene ammaestrata nelle Christiana fede, già di quattr’anni battezzata, sollecità più della sanità dell’anima, che del corpo, cominciò ad esortarlo, che almeno in quell’estremo di sua vita si battezzasse, per non perdere co’l corpo ancora l’anima per tutta l’eternità. Le parole della divota moglie piegarono l’animo crudo di quel barbaro, e non solamente co’l mandare via di casa quelle lorde scrofe, si dispose divotamente al battesimo, ma fece ancora voto a Dio di fabbricare una bella Chiesa, se fusse guarito da quel male. Era presente il suo genero, fratello del Re, il quale ancorché gentile esortava il suocero a tutte quelle opere di pietà. Si battezzò, e fu chiamato Gioachino, come prima la moglie Anna, e subito cominciò doppo il battesimo a migliorare e risvegliò ne’ Padri, e ne’ Neofiti la speranza, che havesse a divenire una colonna ben degna della Chiesa Tunchinese, particolarmente nella sua Provincia del [p. 264] del Ghean, nella quale valeva assai per la sua autorità e potenza, & era buono a favorire molto i neofiti.

Hora lasciati gli altri infermi risanati per opera de’ Christiani, voglio solamente riferirne uno. Stava per spirare un bambino nella Città Reale, già raffreddato per tutto il corpo. Lo seppe un divoto soldato per nome Iacopo, che faceva ancora da Catechista, andò a visitarlo, e trovatolo agonizzante, lo battezzò, subito cominciò a ridere il bambolino, e con maraviglia de’ neofiti, e de’ gentili, che si trovarono presenti, con la sanità dell’anima, ricuperò la sanità nel corpo.

E qual maraviglia, che operi cose tanto prodigiose per mezzo de’ Christiani il Signore Iddio, che sono suoi diletti figliuoli, se lo fa ancora per mezzo de’ catecumeni privi della gratia battesimale. Un tale di costoro, il quale sapeva a pena il Pater e l’Ave, avvenuto in un bosco in un huomo moribondo, volendo aiutarlo, e non trovando acqua benedetta, con la quale sogliono i Christiani risanare gli infermi, fattosi ad un fiume vicino, presa dell’acqua, la benedisse co’l santo segno della Croce, e vi recitò come seppe il Pater e l’Ave, e la porse all’infermo, & il Signore iddio con quella bevanda risanò quel meschino, concorrendo con la fede del Catecumeno.

[PRINT] Biblioteca Angelica, F.ANT S.12 34, Giuseppe Luna, Roma, 1650

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Author

Alexandre de Rhodes, S.J. (1591-1660)

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1650

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